Secondo quanto previsto all’articolo 26, comma 1, del DPR 917/1986 “I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale (…) per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso”.

Per i fabbricati concessi in locazione, il reddito fondiario è determinato assumendo il maggior ammontare fra il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 5%, e la rendita catastale rivalutata del 5%.

In base alla regola sopracitata, quindi, per il reddito da locazione non è richiesta, ai fini della tassazione del canone, l’effettiva percezione di un provento. Questo in deroga al c.d. principio di cassa in base al quale, invece, le persone fisiche sono tassate nell’anno solare in cui avviene la materiale riscossione del reddito. Pertanto, ai fini della tassazione, il canone di locazione rileverà in base all’ammontare contrattualmente pattuito tra le parti.

L’imposizione del canone pattuito, anziché della rendita catastale, persiste fintantoché risulta in vita il contratto di locazione. Solo a seguito della cessazione della locazione, per scadenza del termine ovvero a causa della risoluzione del contratto, il reddito è determinato sulla base della rendita catastale.

L’unica eccezione alla regola sopra descritta si verifica a seguito della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. In tale frangente, infatti, i canoni non percepiti non concorrono più alla formazione del reddito complessivo del locatore.

Conseguentemente, se il provvedimento di convalida di sfratto si conclude:

ENTRO il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi, detti canoni non devono essere riportati nella relativa dichiarazione dei redditi e, nel caso in cui il giudice confermi la morosità del locatario anche per gli anni precedenti il provvedimento giurisdizionale, al locatore è riconosciuto un credito d’imposta di ammontare pari alle imposte, versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti, riliquidando le dichiarazioni relative agli anni interessati.

In questo caso, quindi, il locatore, per tutti gli anni di accertata morosità del conduttore, verrà tassato non più sulla base dei canoni non riscossi, bensì della rendita catastale dell’immobile posseduto.

OLTRE il termine di presentazione della dichiarazione, il contribuente si vedrà costretto a dichiarare i canoni non percepiti nonché a versare le relative imposte. Matura, però, la possibilità, in occasione della prima dichiarazione dei redditi utile, successiva alla conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida dello sfratto, e comunque entro il termine di prescrizione decennale, di determinare un credito d’imposta in ragione delle imposte versate sui canoni non riscossi.

Il credito d’imposta può essere utilizzato in compensazione con altre imposte a debito oppure chiesto a rimborso. L’eventuale successiva riscossione totale o parziale dei canoni per i quali si è usufruito del credito d’imposta come sopra determinato, comporterà l’obbligo di dichiarare tra i redditi soggetti a tassazione separata (salvo opzione per la tassazione ordinaria) il maggior reddito imponibile rideterminato.

Si segnala, infine, la necessità per il locatore, una volta ottenuta la sentenza di sfratto, di farsi parte diligente e comunicare altresì la chiusura del contratto in Agenzia delle entrate per non rischiare un accertamento futuro derivante dal fatto che il contratto risulta ancora attivo, con pagamento dell’eventuale imposta di registro dovuta.

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